CABOVERDIAN SNACK
Un'idea per uno snack veloce? Dal sapore italiano e il gusto-colore #capoverdiano?
Bene! oggi vi propongo: lo spuntino capoverdiano.
E' semplice da preparare.
Partiamo dagli ingredienti:
32 mini fette biscottate
200 grammi di mascarpone
un tubetto di colorante blu per dolci
32 chicchi di melograno
più il condimento segreto (7 minuti di el sueño degli #AiresTango, in alternativa due dosi di un solo colore di Jerusa Barros)
Preparazione
In una terrina amalgamate 150 grammi di mascarpone e il colorante blu.
Una volta ottenuto un impasto di un colore omogeneo, con un cucchiaino spalmatela sulle fette biscottate in modo da avere uno sfondo blu come il mare. Il mare, cos'è il mare senza onde? Ora prendete i 50 grammi di mascarpone non utilizzato e create delle piccole noci che appoggerete sul mare blu con l'aiuto di uno stuzzicadenti. Per finire, su questo composto bicolore collocate il vostro diamante rosso: un chicco di melograno.
Sistemateli su di un piatto a vostro piacimento. L'effetto è assicurato.
Esiste anche la versione la versione salata... nella mia versione salata lo snack cambia nome:
italian snack
Invece del mascarpone e del colorante blu usate il patè di olive verdi per creare lo sfondo,
invece del mascarpone bianco usate il vostro formaggio preferito e invece del chicco di melograno provate con un tocchettino di prosciutto... appuntate tutto con uno stuzzicadenti.
p.s. il condimento segreto resto lo stesso del caboverdian snack.
Buon appetito
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20/11/17
10/09/17
L'ultimo attimo
25 anni fa scrivevo questo racconto... non avrei mai immaginato che soli 25 anni dopo un pazzo avrebbe iniziato a fare sperimenti con l'energia termonucleare... allora era solo una mia fantasia, ora è realtà... speriamo di essere smentito almeno nel finale!
Corea del NORD fa esplodere bomba termonucleare all'idrogeno a 10 km di profondità provocando un terremoto di magnitudo 6.3... e tre giorni dopo la terra risponde con un terremoto di magnitudo 8.2... periamo che qualche cojone non risponda alla Corea, altrimenti una reazione a catena non la fermerà nessuno, la Terra si ribellerà e risponderà con tutta la sua potenza distruttrice e non ce ne sarà per nessuno: nè per Kim nè per chi pensi di usare il suo stesso grado di pazzia.
L'ULTIMO
ATTIMO
Tutto mi è accaduto
nello stesso
istante,
come se la mia vita intera fosse
una sola immagine
inintelligibile.
(Isabel Allende,
Paula)
Quel
lunedì di quell'ultimo dì di gennaio sarebbe stato un lunedì
davvero diverso da tutti i lunedì che lo avevano preceduto.
La
domenica precedente – il giorno prima – si era già avvertito
nell'aria quel nonsocché di strano.
E
a nessuno quell'oggi – lunedì – sarebbe mai passato per la mente
che quel giorno sarebbe stato...
– La
fine del mondo. – Disse una voce maschile proveniente da un'altra
stanza.
– Cosa
dici caro? – Domandò una voce femminile... Di una ragazza che
seduta davanti allo specchio della camera da letto si andava
abbellendo gli occhi suoi già belli di una vistosa bellezza
naturale.
– Dicevo
che è la fine del mondo questa cravatta che mi hai regalato.
– Davvero
ti piace, caro!?
– Dio,
se mi piace!!
– Sono
contenta, – si andava, ora, incipriando il viso. – Sai, non
sapevo cosa regalarti!!
D'altra
parte hai già tutto ciò che avrei potuto e desiderato regalarti!
– Già!
E
la conversazione si interruppe.
La
stanza, dov'era la donna, era molto ampia e illuminata in ogni dove e
da luce artificiale e da luce naturale.
Le
pareti erano bianche, bianche... Rosa.
Sì,
perché a prima vista, pareva di un bianco pallido, smorto, poi
invece osservando attentamente ci si poteva rendere conto che in
realtà non c'era assolutamente un centimetro quadro di bianco... Il
tutto era coperto da un tenuissimo rosa perlato.
Il
mobilio, invece, era proprio tutto bianco.
E
bianco erano pure i tappeti di lana, ai piedi del letto, e il
copriletto del letto già rifatto.
Una
sola finestra dava sull'esterno.
E
fuori ogni cosa era dipinta di bianco... Ogni cosa ricoperta di
candida neve.
Tutto
bianco!!
No...
I capelli della ragazza non erano bianchi, erano neri...
Anche
il vestito della ragazza era bianco... Bianco come un vestito da
sposa, ma vestito da sposa non era.
Di
fronte alla finestra c'era la porta – bianca – del bagno dove il
ragazzo si stava aggiustando la bella cravatta grigio–blu davanti
ad un enorme specchio.
Il
bagno era di un delicato celeste che, in presenza di una forte luce –
e ora la stanza era molto illuminata –, poteva anche sembrare
bianco.
Qui,
però, a differenza dell'altra stanza, c'erano altre tonalità più
forti: dagli abiti scuri del ragazzo, agli asciugamani blu scuro, ai
bordi della vasca, al WC anch'essi di un blu oltremare.
Il
ragazzo era biondo e aveva due occhi che parevano due smeraldi.
– Gisèl,
mi vieni a fare il nodo alla cravatta, per favore!?
Lo
sai che non sono bravo come te, no!?
– Un
attimo Tesoro.
Mi
metto le scarpe e sono subito da te.
Non
passarono neppure venti secondi.
Nel
frattanto, il vecchio duomo, in lontananza, andava battendo le dieci.
– Eccomi
Tesoro!
Roberto,
questo era nome del ragazzo, rimase a bocca aperta, per qualche
secondo, alla vista della ragazza, e poi se ne uscì con un fischio
di compiacimento.
– Sei
un angelo piovuto dal cielo.
Sei
splendida, Amore mio!
In
effetti era comparsa sulla porta del bagno come una visione, una dea,
come Venere in persona... Scura di carnagione ma pur sempre una
splendida dea.
Portava
una veste aderentissima al corpo che le metteva in mostra tutte le
sue magnifiche curve; si reggeva, leggiadra, su dei tacchi non più
bassi di nove centimetri; e aveva una pettinatura che le scendeva sul
lato destro, in enormi boccoli – aggressivi come quelli di una
cascata.
Chiunque,
anche il più cieco dei ciechi, si sarebbe voltato a guardarla.
Era
davvero stupenda.
– La
mia splendida capoverdiana... Non c'è donna più bella!
– Oh,
se non avessi te! Chi me li farebbe mai tutti questi complimenti?
– Chiunque
altro.
– Oh,
piantala adesso, altrimenti non riuscirò più a farti questo nodo!
– Sei
la migliore moglie che un uomo possa mai desiderare.
– Dài!!!
Roberto
la tirò, improvvisamente, a sé e la baciò.
I
due corpi furono l'uno avvinghiato all'altro.
Poi
la mano di Roberto cominciò, lentamente, a salire su, lungo la gamba
di Gisèla.
Passò
sotto la veste.
Poi
improvvisamente la mano si fermò proprio sotto la chiappa destra
e... Sfilò da sotto il vestito e si diresse rapida verso i bottoni,
in alto, della camicia.
Il
primo... il secondo... Ed ora anche il terzo bottone erano usciti
fuori dalle loro asole.
E
la calda mano si insinuò tra le pieghe e venne a contatto con il
nudo seno della ragazza... E si cercavano e si sfregavano l'uno con e
contro l'altro con passione, con ardore, con amore anche.
Non
si sa con quale atto di volontà, però, la ragazza riuscì a
respingere l'amato.
Ora
il rossetto, una volta di Gisèla, era tutto sparso sulle labbra,
collo e guance di Roberto.
Gisèla,
preso un asciugamano, lo pulì tutto.
Quindi
si sistemò lei.
In
pochi secondi fu pronta come lo era stata qualche istante prima.
– Perché
non mi hai lasciato continuare?
– Dobbiamo
andare, Tesoro.
Te
lo sei forse dimenticato che siamo invitati a pranzo da tua madre,
oggi?
– Ma
cosa ce ne importa!?! Dài, torniamocene a letto! Non senti che
freddo che fa? Brrrrrhh!!
E
si strinse nelle spalle.
– Ma
dài mattacchione mio!! Cosa ti salta per la testa, e poi hai, forse,
dimenticato che devi passare in banca per quell'affare urgente per
cui ti ha chiamato il direttore!?
– Già,
me ne ero completamente dimenticato.
– Su,
sbrighiamoci allora!! – Terminò la conversazione Gisèl, mentre
terminava, anche, di stringere il nodo della cravatta.
Quindi,
dato un bacio sulla punta del naso a lui, uscì chiudendosi la porta
alle spalle.
Roberto
rimase a guardarsi allo specchio ammirandosi e sorridendo.
Improvvisamente
vide... Una pistola lo puntava... L'indice stava per premere il
grilletto.
Una
pistola dentro lo specchio!?
Non
sto scherzando! La vide veramente... No, la sognò... La immaginò...
O, forse, la vide veramente!!... Non lo so più a questo punto.
Poi
improvvisamente lo specchio si tinse di nero, di rosso, di nero, di
rosso, di nero, di rosso e poi ancora di nero.
Roberto
chiuse gli occhi e se li stropicciò con il dorso della mano.
– Cara!?!
Non
ci fu risposta.
Aprì
gli occhi.
– Debbo
essermi affaticato troppo questa notte. – Disse tra sé e sé.
La
porta si aprì in quell'attimo e la testa di Gisèla fece capolino.
– Chiudi
gli occhi Tesoro.
– Cosa
c'è?!
– Chiudi!!
– Perché?!
– Dài,
chiudi gli occhi tesorino mio!!
– Se
me lo chiedi così come...!!?!!
Chiuse
gli occhi.
Improvvisamente
sentì delle calde braccia serrargli il collo e poi, sempre con
violenta rapidità di tempo, sentì qualcosa di freddo, di metallico
cingergli il collo.
Sbarrò
gli occhi.
– Ti
piace Tesoro!?
Al
collo del ragazzo era, ora, un bellissimo intreccio di fitte
catenelle d'oro che si intrecciavano tra di loro come l'edera ad un
palo sottile, e poi appeso a questo era un cuore con due corpi – un
uomo e una donna che si baciano, mentre le loro vesti vengono
accarezzate dal vento – in rilievo.
– Questo
è il mio vero regalo per il tuo compleanno, Tesoro. Tanti auguri.
Roberto
era rimasto senza parole.
Guardava
la ragazza dallo specchio.
– È
stupendo Gisèl. Anzi molto più che stupendo.
La
stava per baciare.
– No,
– disse Gisèla. – Se ci riattacchiamo, ora... Addio pranzo da
tua madre!!
E
si allontanò.
– Come
ti è venuto in mente di farmi un regalo del genere? – Erano ora in
strada.
Tutto
era bianco e su tutto quel bianco correvano bambini dai variopinti
colori tessutari.
– Mah,
così! L'ho visto, mi è piaciuto e l'ho comprato.
Erano
ora davanti alla banca.
Gisèla
si stringeva nella sua bellissima pelliccia sintetica e
Roberto
la teneva stretta a se, avvolto nel suo scuro soprabito.
Improvvisamente
qualcuno, correndo all'impazzata, uscì dalla banca... Un altro gli
tenne dietro.
Uscirono
uno dietro l'altro, quasi contemporaneamente.
Erano
due rapitori armati entrambi con armi da fuoco.
Il
secondo, uscendo, si era scontrato con Gisèla che poco mancò che
cadesse.
Roberto,
fermo al bancomat, poco distante da lei, aveva percepito solo il
fatto che uno, un maleducato aveva urtato contro Gisèla continuando
la sua corsa senza neppure porgere un minimo di scuse, e allora
voltatosi rapido e minaccioso contro questi aveva tentato di
afferrarlo.
– Che
modi sono questi? Potresti per lo meno fermarti e chiedere scusa,
no!? Testa di...
E
prima che avesse potuto terminare di parlare si era accorto della
calza con cui questi nascondeva la sua identità...
Aveva
capito.
Ma
ormai era già troppo tardi perché il rapinatore si era voltato e
aveva esploso un colpo all'indirizzo di Roberto che, però, era stato
lesto a buttarsi per terra e... Rialzandosi aveva visto che il
proiettile aveva perforato, solamente, il suo ampio soprabito senza
miracolosamente toccarlo.
E
allora aveva esultato.
Poi
si era voltato verso Gisèla.
– Non
mi ha beccato quel bastardo, non mi ha beccato!!!
Hai
visto Gisèl!
– Sì.
Che fortuna. – Disse Gisèla e crollò sul marciapiede.
– G
I S E E E L ! !
!
E
quest'urlo si stampò nel tempo.
Il
proiettile aveva preso in pieno petto Gisèla.
E
quando Roberto le era già a ridosso e la stringeva tra le sue
braccia, e il direttore della banca uscendo gridava: – Chiamate la
polizia – sia a quelli dentro che a quelli fuori, e i bambini
scappavano e la gente si accalcava, si accalcava sul corpo di Gisèla,
la sua pelliccia da bianca che era si andava tingendo di rosso e la
neve non era più bianca.
Gisèla
guardò Roberto, sorrise, e poi... E poi non fu più.
Ma
non ci fu neppure il tempo per piangere la sua morte perché subito
qualcosa fischiò nell'aria.
Tutti
volsero lo sguardo verso il cielo e subito nessuno vide più, parlò
più, ricordò più, fu più.
La
Grande Esplosione aveva cancellato tutto nel raggio di migliaia e
migliaia di chilometri.
E
subito tutti gli uomini furono l'uno contro l'altro e così altre
bombe furono sganciate e altre vittime innocenti caddero.
L'uomo
scoprendo quella potente energia, alla quale aveva posto in nome di
Omegatermoadrogenionica, aveva posto mano alla fine e...
– Nonno
cosa vuol dire – visto che lo hai citato spesso – M
A N O?
– Non
te lo so dire Nino. Quando ero piccolo mio nonno mi disse che era...
Erano delle specie di... O Nino non me lo ricordo più. Io ti ho
raccontato la storia così come lo hanno raccontato a me, quando
avevo la tua stessa età, senza aggiungerci e senza toglierci nulla.
E
così dovrete raccontarla un giorno ai vostri nipoti.
– Ma
nonno, tutti gli uomini avevano le mani e, come ci hai raccontato
adesso, le braccia e le gambe?
– Sì,
questo fino a seicentoquaranta anni fa.
Cioè
quello di Roberto e di Gisèla fu l'ultima generazione di uomini ad
avere mani, braccia e gambe.
– Cosa
è successo poi? La bomba Omegater... Dermo... Insomma, coma hai
detto tu, ha cancellato ciò che adesso noi non abbiamo più?!
– Non
esattamente. I superstiti avevano ancora braccia e gambe e mani, ma
tutti quelli che nacquero dopo la Grande Esplosione vennero a mancare
di qualche cosa.
Prima
di un solo braccio o gamba, poi invece sempre più venivano mancando
di intere parti fino a raggiungere il nostro stato attuale.
– Nonno?!
– Si
Tino!?
– Nonno
tu hai detto che Roberto quando si accorse dei rapinatori, si buttò
a terra...
– E
hai detto pure che i rapinatori uscirono correndo.
– Nino
fammi finire di parlare.
E
hai detto, ora, che avevano, o meglio, " Vennero a mancare delle
gambe." Ora, la domanda è: ma come caspita si muovevano quelli
uomini di trecento anni fa!!?? Ma soprattutto cosa sono le gambe??
– Seicento
Tino... Seicentotrent'otto per l'esattezza!
Comunque
il nonno di mio nonno raccontò, a lui, e lui a me, che questi si
muovevano dritti, verticalmente... Si spostavano appunto con le
gambe. Dritti... Capito!? Come un sasso che cade da una certa
altezza.
– Che
confusione. Non ci ho capito niente.
– Nipotini
miei a dire il vero neanch'io riesco ad immaginarmi come ciò potesse
avvenire...
– Forse
nonno...
– Ho
fame nonno.
– Già,
anch'io! Forza, per oggi basta, andiamo a mangiare.
– Nonno,
cosa mangiavano gli uomini antichi?
– Nonno
è vero che...
24/03/17
Pinocchio na Cabo Verde
PINOCCHIO NEL MIO CREOLO PERSONALE
Na grand confusão d'caida, vela pagà! Pai ma fidj f'ca na scur.
Pinocchio po cara serio e preguntal:
-'Nto ke no ta fazé?
- 'nto nha fidj? No ta perdid.
- Porque no ta perdid? Ka falà'ssim paisinh... Dom mo' ke no ta largà... Cuidod onde bo po pe!
- Pa onde bo kre levom?
- No tem ke tentà fujì... bem ma mi... e ka boçè tem medo.
Pinocchio panhà mo d'se pai e d'vagarinh d'vagarinh els dois ta s'bì na garganta d'kel peix-cadela dum tubarò.
D'pois els ta cruzà a lingua... Ta passà d'lant d'kel dents fei... Ants d'saltà Pinocchio falà se pai:
- Pai s'bim na costa e braçom fort... Bo ka podè caì ma mi.
Assim Geppetto faz moda ke Pinocchio d'zel.
Pinocchio com tud ses curaj saltà na mar e 'mpezò a nadà. Mar tava lis moda oil... lua tava brilhà na ceu e kel tubarò tava num sonh tam ferrod ke ne um bomba ka podia cordal.
Na grand confusão d'caida, vela pagà! Pai ma fidj f'ca na scur.
Pinocchio po cara serio e preguntal:
-'Nto ke no ta fazé?
- 'nto nha fidj? No ta perdid.
- Porque no ta perdid? Ka falà'ssim paisinh... Dom mo' ke no ta largà... Cuidod onde bo po pe!
- Pa onde bo kre levom?
- No tem ke tentà fujì... bem ma mi... e ka boçè tem medo.
Pinocchio panhà mo d'se pai e d'vagarinh d'vagarinh els dois ta s'bì na garganta d'kel peix-cadela dum tubarò.
D'pois els ta cruzà a lingua... Ta passà d'lant d'kel dents fei... Ants d'saltà Pinocchio falà se pai:
- Pai s'bim na costa e braçom fort... Bo ka podè caì ma mi.
Assim Geppetto faz moda ke Pinocchio d'zel.
Pinocchio com tud ses curaj saltà na mar e 'mpezò a nadà. Mar tava lis moda oil... lua tava brilhà na ceu e kel tubarò tava num sonh tam ferrod ke ne um bomba ka podia cordal.
02/03/17
Amici di Soncent: primo compleanno
Il rogramma
Ore 13.00 – Pranzo di convivio fra gli Amici di Soncent
– Introduzione del Presidente insieme al Direttivo sul primo anniversario della stessa e resoconto di quanto è stato fatto.
– Proiezione de O Testamento
– Gara di uril e bisca.
– Musica
– Chiusura evento ore 21.00
14/12/16
HUMBERTONA, "a cavallo" di un asino
A Capo Verde, molti anni fa c'era una tradizione che ora è andata persa nel tempo... una tradizione straordinaria che con il passare degli anni ha lasciato nella mia mente un "sapore" d'altri tempi, uno stampo indelebile che mi accompagnerà per tutti i miei viaggi futuri.
L'ho scoperto un'estate del 2001 a Lisbona conversando con Rosa, i miei fratelli Marisa, Helia ed Elton e mio padre... Sono rimasto, da allora, ingabbiato in quell'attimo di un passato che non si ripete più ma che è una piacevole macchia che non voglio togliermi di dosso... mai! Perché è segno dell'amore che la mia gente ha avuto e continua ad avere nei miei confronti, nei confronti di uno dei suoi figli che, un giorno, ha dovuto indossare gli stivali delle sette leghe e come un Petit Poucet ha dovuto incamminarsi per il mondo alla ricerca di una sopravvivenza propria e della propria gente.
Ma qual'è questa straordinaria tradizione che il popolo capoverdiano coltivava almeno fino agli anni ottanta?
Viviamo di musica, anche se il 10% non è musicista e ad essa si ricollega la tradizione di legare una canzone a tutte quelle persone che prendevano le valigie e si mettevano in viaggio.
Rosa mi ha raccontato che, quando montai su di un asino che mi avrebbe portato da Monte Trigo a Porto Novo e da qui a Sao Vicente, prima e Lisbona e Roma dopo, che la mia gente ha chiesto per me la rapsodia GRITO DE DOR del musicista HUMBERTONA. Così la radio che si occupava di migrazione e migranti e che tutti ascoltavano, perché tutti i capoverdiani sono legati, in un modo o nell'altro, al fenomeno della migrazione, trasmise questa canzone con gli auguri di buon viaggio da parte di tutta la mia gente.
Era il 1979, marzo, forse... e quasi quarant'anni dopo questo episodio è capace di farmi versare delle lacrime, cosa che non mi successe allora avvolto nella mia incoscienza di bambino.
L'ho scoperto un'estate del 2001 a Lisbona conversando con Rosa, i miei fratelli Marisa, Helia ed Elton e mio padre... Sono rimasto, da allora, ingabbiato in quell'attimo di un passato che non si ripete più ma che è una piacevole macchia che non voglio togliermi di dosso... mai! Perché è segno dell'amore che la mia gente ha avuto e continua ad avere nei miei confronti, nei confronti di uno dei suoi figli che, un giorno, ha dovuto indossare gli stivali delle sette leghe e come un Petit Poucet ha dovuto incamminarsi per il mondo alla ricerca di una sopravvivenza propria e della propria gente.
Ma qual'è questa straordinaria tradizione che il popolo capoverdiano coltivava almeno fino agli anni ottanta?
Viviamo di musica, anche se il 10% non è musicista e ad essa si ricollega la tradizione di legare una canzone a tutte quelle persone che prendevano le valigie e si mettevano in viaggio.
Rosa mi ha raccontato che, quando montai su di un asino che mi avrebbe portato da Monte Trigo a Porto Novo e da qui a Sao Vicente, prima e Lisbona e Roma dopo, che la mia gente ha chiesto per me la rapsodia GRITO DE DOR del musicista HUMBERTONA. Così la radio che si occupava di migrazione e migranti e che tutti ascoltavano, perché tutti i capoverdiani sono legati, in un modo o nell'altro, al fenomeno della migrazione, trasmise questa canzone con gli auguri di buon viaggio da parte di tutta la mia gente.
Era il 1979, marzo, forse... e quasi quarant'anni dopo questo episodio è capace di farmi versare delle lacrime, cosa che non mi successe allora avvolto nella mia incoscienza di bambino.
questa è la musica della mia vita
A distanza di quarant'anni vorrei dire GRAZIE A TUTTA LA MIA GENTE, per essere stata presente sempre al mio fianco con questa canzone, nei momenti brutti quanto in quelli belli... se oggi sono qui e sono quello che sono lo debbo anche a voi alla mia amata gente capoverdiana... E in queste ultime righe mi sono fermato un istante e, non ho vergogna a dirlo, ho versato qualche lacrima.
DESPEDIDA - LA PARTENZA
La partenza
Morna di Eugénio Tavares
Questo della mia partenza è una ferita
Che sta portando via la mia vita!
Se vado, l’unica cosa da fare
È andarmene e poi tornare.
Ma questo dolore del dover andare,
Di partire e di mia madre lasciare,
Non è così triste come il dolore
Di andare e lasciare il mio amore
Con lacrime negli occhi cantiamo:
Con l’animo di lutto balliamo
L’ora triste della partenza
È l’ora in cui, della vita, si resta senza.
Chi rimane, non parte:
Chi non parte, non torna
La forza che mi spinge ad andare
È la speranza del ritorno!
Oh partire, partire come è triste!
Oro di mare come sei caro!
Oh tornare, tornare come sei dolce!
Giorno del ritorno, come sei caro!
26/11/16
Eugenio Tavares
Eugénio Tavares nasceu em Brava,
Cabo Verde, em 1867. E'um dos primeiros poetas a editar em língua cabo-verdiana
vulgar, Creolo e Português. E'considerado o pai da morna, estilo poético que
entra na música cabo-verdiana e torna único no seu genero.
A Força de Cretcheu
Ca tem nada na es bida
Mas grande que amor
Se Deus ca tem medida
Amor inda é maior.
Maior que mar, que céu
Mas, entre tudo cretcheu
De meu inda é maior
Cretcheu más sabe,
É quel que é di meu
Ele é que é tchabe
Que abrim nha céu.
Cretcheu más sabe
É quel qui crem
Ai sim perdel
Morte dja bem
Ó força de chetcheu,
Que abrim nha asa em flôr
Dixam bá alcança céu
Pa'n bá odja Nôs Senhor
Pa'n bá pedil semente
De amor cuma ês di meu
Pa'n bem dá tudo djente
Pa tudo bá conché céu
Eugenio Tavares
Eugénio Tavares, nasce a Brava,
Capo Verde, nel 1867. E' tra i primi poeti capoverdiani a pubblicare in lingua
volgare, creolo, portoghese. E' considerato il padre della morna, stile poetico
che entra nella musica capoverdiana e la rende unica nel suo genere.
La forza della passione
Niente in questa vita
è più immenso dell'amore
Se Dio è cosa infinita
l'Amore è ancor più superiore.
Più del mare e del firmamento
Ma, entro ogni sentimento
quel che io provo è superiore
la passione più provocante
è quella che io sento
Lei è la chiave determinante
che mi apre del paradiso il
senso.
La passione più provocante
è quella che io desidero
qui senza perderla
così quando giungerà il sonno
nero...
O passione travolgente
che apri le mie ali in fiore
lasciami raggiungere il ciel
silente
affinchè possa vedere Nostro
Signore
affinchè possa chiedergli il
semente
di questo stesso amore che qui
celo
da poter dare a tutta la gente
affinchè possano toccare il
cielo.
11/11/16
Sandra das Nuvens
Dedicato a Sandra Silva (Das Nuvens) che mi ha riportato a Capo Verde nel lontano 1996 a bordo di una barchetta di nome SODADE che vedeva al timone il capitano CESARIA EVORA...
SANDRA
AUGURIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII
SANDRA DAS NUVENS
(Sandra delle Nuvole)
Cristallino Folletto
Sintesi perfetta
Del mio
Verde pensiero natio.
Dal nulla t’alzasti
Ad orchestrar
Le pazze nuvole
Che già ti son dietro
Mentre la tua voce
Tra le eteree onde
Si perde
Per ritrovarsi
Ovunque
In un solo istante
Subito dopo.
Sandra delle Nuvole
Sintesi perfetta
D’un cristallino
Spirito Folletto
Chi sei?
Una nuova
Euterpe delle nuvole?
O una nilotica
Venere viva
In spirito?
Sandra das Nuvens
Sintesi perfetta
Dello spirito vivo
Delle tre sorelle
Alla vista del primo
San Salvador
Sandra delle Nuvole
Sintesi perfetta…
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XXXIII° ANNIVERSARIO DALL'INDIPENDENZA DI CAPO VERDE
Un libro può salvare la vita
- edgar allan poe - racconti
- Gabriel Garcia Marquez - Cent'anni di solitudine
- Isabel Allende - il piano infinito
- Luis Romano - famintos
- Michael Ende - la storia infinita
MONDO MIGRANTE
Los Angeles – Charlize Theron è diventata cittadina americana. Ad annunciarlo la stessa attrice durante il David Letterman Show: “ho sempre desiderato essere cittadina americana, ma loro non volevano accettarmi… Ho dovuto studiare. Inoltre era difficile non pensare a qualche trucco all’esame, come quando a me, di madrelingua inglese e sudafricana, è stato dato un foglio e mi è stato chiesto di scrivere correttamente la frase: è una giornata di sole”.
Un premio Oscar all’ umorismo americano… ma si diamo loro anche un “Tapiro d’oro”.
Un premio Oscar all’ umorismo americano… ma si diamo loro anche un “Tapiro d’oro”.