A cura di Pier Maria Mazzola ( Nigrizia –Bazar- –Febbraio 2008 p. 72)
Medico di origine togolese, Komla-Ebri è un volto noto della letteratura migrante italofona (Imbarazzismi e altro). Questa volta ci propone otto storie, collegate dal filo rosso del sogno: ora evanescente, ora fantastico, ora(nel caso dei bambini soldato del Nord Uganda) un incubo.
Il protagonista del primo racconto è forse una controfigura di Kossi? Anche per lei, come per Elom Doglo, “scrivere libera e sconfigge la solitudine. Scrivere è taumaturgico contro la nostalgia”?
La scrittura è per me necessità di comunicare. Una necessità nata, in parte, per far conoscere la mia cultura e, in parte, per scavare dentro di me, per racimolare parti di identità sparse: il Kossi nostalgico africano, il Kossi passionale italiano, il Kossi razionale francese… che è, poi, sempre un medesimo Kossi. È vero che la lingua italiana è passionale, ti rende passionale, e la scrittura riesce a ricuperare e far unire questi frammenti di me. La scrittura ha un valore taumaturgico, sì. Contro l’idea che l’intellettuale è un po’ bastardo. “Kossi, non sei più africano”, mi dicono. Ma io penso che Kossi è un po’ di tutto questo.
In “Identità trasversa” è di scena un 17 enne di seconda generazione-G2!- che non risparmia aspri (e, in parte, condivisibili) rimproveri ai genitori. “Non mi stressate più con l’Africa: io non ci voglio più andare!”, urla, come in sogno. Ma poi capisce di dover cambiare registro e instaura, nella sua mente, un dialogo lussureggiante di metafore, proverbi, detti di sapore africano. L’agitata notte di Kuami si chiude su una nota di serenità. Qual è il suo sguardo, Kossi sulla G2?
Anzitutto, c’ è il problema del linguaggio. Le nostre parole non sono mai neutre: sono colorate, aprono spazi di immaginario profondo. Il problema della società oggi non è la diversità come tale, ma la difficoltà di comunicare, soprattutto se le persone hanno pelle, religione, cultura diverse.
Quanto alla G2…sono molto preoccupato. Da un lato, vedo le reazioni di molti genitori che cedono, perché si sentono defraudati del loro ruolo, sminuito dalla loro condizione economica, dal loro rango sociale, e soffrono perciò di disistima da parte dei figli. Conosco senegalesi che hanno mandato il figlio al paese, perché minacciava di chiamare il Telefono Azzurro. “Sta crescendo come un piccolo bianco, lo devo rimandare a casa”.
Dall’altro lato, sono pessimista sul futuro di questi ragazzi. Quale integrazione per loro? Un Sarkozy, che è un G2, è immaginabile per l’Italia? Si parla di quote rosa: non pretendiamo le quote nere, ma almeno uno spazio di partecipazione. Dov’è il diritto di cittadinanza? ... visualizza altro
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