MEETERATURE
LETTERATURA dell’INCONTRO
Una letteratura giovane e meticcia si affaccia alle porte dell’Italia. C’è da domandarsi se avrà bisogno di un permesso di soggiorno! Oppure, sarà necessario aprire dei Centri di Permanenza Temporanei per accoglierla!? Attendendo un risposta, questa giovane meticcia, allarga le sue braccia sulla Capitale che apre, spinge lo sguardo oltre: Nuovi orizzonti della letteratura: voci africane in Italia. Questo il titolo dell’incontro tenutosi la settimana scorsa presso il Vicariato di Roma in Piazza S. G. Laterano e presentato dall’africanista Anna Fresu.Gli autori presenti hanno dato vita ad un susseguirsi di emozioni poetiche, critiche, narrative, teatrali e canore entusiasmando con la loro energia il pubblico presente. Ma da dove viene questa nuova energia letteraria? Dall’Africa. Ed è forse un qualche frammento vagabondo della negritudine? “Non penso.” Dice Felicitè Mbezelè: “I miei testi non hanno nulla a che fare con la negritudine, semmai con la migritudine.” Una nuova presa di coscienza di questi autori dalla pelle ambrata che scrive in italiano, certo!, ma che tocca anche le diverse realtà culturali presenti sul territorio stesso in un intreccio di lingue e riferimenti non locali nè delle terre natie, ma di culture che ogni giorno si incrociano per le strade di Roma… e senza fare “un discorso sull’integrazione” sostiene Ndjock Ngana “perché esso non è ciò che ci viene dato o chiesto, ma è ciò che va vissuto ogni giorno”… è quindi il quieto vivere quotidiano tra le diverse genti “de Roma”, cosa che si riscontra anche nei testi di questi autori. In un momento in cui l’Italia ha la necessità di conoscere le realtà differenti presenti sul territorio essi si pongono come intermediari coprendo quell’esigenza “dell’Italia a recuperare la cultura somala, etiope… la cultura altra in generale”, come sostiene Cristina Ali Farah; ma nello stesso tempo questi stessi vogliono “confrontarsi con la cultura italiana per trarne quel succo da trasformare in un prodotto nuovo”, come sostiene Amara Lakus nel suo intervento. Una ricerca che serve a costruire uno stile personale, individuale e “non importa quale lingua uso.” Dice Ribka Sibathu “so che ho qualcosa da dire e, per favore, ascoltatemi e non domandatemi da dove vengo!” semplicemente datele il permesso di accusare in rima il suo Aulò. E poiché, come ha affermato con grazia canora Saba Anglana, “la libertà culturale c’è quando sappiamo incontrare gli altri”… apriamo le braccia a questa letteratura dell’incontro, alla meeterature!
LETTERATURA dell’INCONTRO
Una letteratura giovane e meticcia si affaccia alle porte dell’Italia. C’è da domandarsi se avrà bisogno di un permesso di soggiorno! Oppure, sarà necessario aprire dei Centri di Permanenza Temporanei per accoglierla!? Attendendo un risposta, questa giovane meticcia, allarga le sue braccia sulla Capitale che apre, spinge lo sguardo oltre: Nuovi orizzonti della letteratura: voci africane in Italia. Questo il titolo dell’incontro tenutosi la settimana scorsa presso il Vicariato di Roma in Piazza S. G. Laterano e presentato dall’africanista Anna Fresu.Gli autori presenti hanno dato vita ad un susseguirsi di emozioni poetiche, critiche, narrative, teatrali e canore entusiasmando con la loro energia il pubblico presente. Ma da dove viene questa nuova energia letteraria? Dall’Africa. Ed è forse un qualche frammento vagabondo della negritudine? “Non penso.” Dice Felicitè Mbezelè: “I miei testi non hanno nulla a che fare con la negritudine, semmai con la migritudine.” Una nuova presa di coscienza di questi autori dalla pelle ambrata che scrive in italiano, certo!, ma che tocca anche le diverse realtà culturali presenti sul territorio stesso in un intreccio di lingue e riferimenti non locali nè delle terre natie, ma di culture che ogni giorno si incrociano per le strade di Roma… e senza fare “un discorso sull’integrazione” sostiene Ndjock Ngana “perché esso non è ciò che ci viene dato o chiesto, ma è ciò che va vissuto ogni giorno”… è quindi il quieto vivere quotidiano tra le diverse genti “de Roma”, cosa che si riscontra anche nei testi di questi autori. In un momento in cui l’Italia ha la necessità di conoscere le realtà differenti presenti sul territorio essi si pongono come intermediari coprendo quell’esigenza “dell’Italia a recuperare la cultura somala, etiope… la cultura altra in generale”, come sostiene Cristina Ali Farah; ma nello stesso tempo questi stessi vogliono “confrontarsi con la cultura italiana per trarne quel succo da trasformare in un prodotto nuovo”, come sostiene Amara Lakus nel suo intervento. Una ricerca che serve a costruire uno stile personale, individuale e “non importa quale lingua uso.” Dice Ribka Sibathu “so che ho qualcosa da dire e, per favore, ascoltatemi e non domandatemi da dove vengo!” semplicemente datele il permesso di accusare in rima il suo Aulò. E poiché, come ha affermato con grazia canora Saba Anglana, “la libertà culturale c’è quando sappiamo incontrare gli altri”… apriamo le braccia a questa letteratura dell’incontro, alla meeterature!
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