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24/04/14

La fame

GLI AFFAMATI
 Recensione: di  Giuseppe Carlo Delli Santi 

Direttore marketing di un'azienda di Computer internazionale, poi titolare di Agenzia di Pubblicità, giornalista e infine scrittore.
Molto controcorrente è dotato di grande fantasia e cultore di Storia delle Civiltà, ma anche attento ai fenomeni sociologici attuali. C'è sempre, nei suoi scritti una vena di ironia e di autoironia, ma anche molta passione e ricerca di dati fattuali per quanto riguarda le fonti.

E' corto, cortissimo. La recensione rischia di essere più lunga del libro, ma questo non deve essere un problema. Il lettore si trova di fronte alla disperazione umana, alla follia portata dalla fame, una fame totale, devastante, mortale.  Non si può restare insensibili. La carestia in un'isola di Capo Verde è estensivamente la fame di tutti i milioni di persone del terzo e del quarto mondo che muoino ogni giorno per mancanza assoluta di cibo e di acqua, fra membra scheletrite, pance gonfie, dissenteria e debolezza estrema. Gli atti d'accusa verso il mondo benestante è continuo, talora implicito, spesso gridato. La fame porta anche la pazzia e forse è un bene, perché toglie lucidità e forse preserva da una disperazione ancora maggiore fra i morti viventi. Chiunque legga questo libro con un minimo di sensibilità umana, rabbrividisce e ne esce sconvolto, segnato. D'altra parte era proprio questo che motivava l'Autore nello scrivere. Fra i passaggi più crudi non si deve mettere, tuttavia, la sola cattiveria degli uomini, ma altresì della natura. Nuvoloni neri stanno per scaricare pioggia benedetta sull'isola: la salvezza. Ma no! Fatte poche gocce, i nuovoloni si portano sul mare aperto e scaricano lì tutta la pioggia. Desolante. Non è un romanzo, è una sceneggiatura teatrale ove l'autore ha sostituito i nomi dei vari personaggi con piccole foto degli attori che hanno messo in scena l'atto unico. Operazione condivisibile? Non saprei, certo aggiunge pathos al tema, di per sé già terribile ed è quindi funzionale al racconto. Parlare di stile in un lavoro teatrale di tipo corale, senza spunti lirici, è davvero difficile e forse inutile, tuttavia Jorge Canifa Alves ha reso appieno il clima che voleva descrivere e qualche minuscolo errore formale non può inficiare un giudizio largamente positivo. Bravissimo. Sarebbe stato bello, però, che l'Autore avesse fatto uno sforzo in più, trasformando il suo testo teatrale in lavoro letterario. I temi, gli spunti, le atmosfere c'erano e ci sono ... Chissà. L'unico problema potrebbe risiedere nel mantenere la tensione e l'angoscia messe in evidenza in questa forma di comunicazione così scarna ed essenziale, perdendosi in descrizioni e riflessioni che potrebbero alterarne il ritmo e la forza della sintesi. Davvero buono! 

Giuseppe Carlo Delli Santi

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RAIZ-LONGE

RAIZ-LONGE
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