di Maria Antonietta Pappalardo
Le opere selezionate in questa raccolta sono già una risposta significativa: non solo testimonianze autobiografiche ma espressioni di una pluralità di esperienze restituite attraverso il filtro della narrazione che sa rendere la coralità delle voci (come ne Lo sportello dei sogni di Martha Elvira Patino e Pilar Saravia) o sdoppiarsi in un Io narrante che guarda con gli occhi di una donna alla propria tradizione e ai legami con la famiglia d’origine (La casa di acqua di Jorge Canifa Alves). Più che parlarci del proprio malessere gli autori ci parlano di chi può curare il loro/nostro malessere: il guaritore-la guaritrice sono presenti da protagonisti o come figure di sfondo sia nel villaggio africano che nella grande città europea e sempre agiscono mediante la potenza del gesto e della parola.
È
dunque una scelta importante quella di favorire la nascita di una
letteratura che registri le voci emergenti dall’indistinto
dell’emarginazione per farsi riflessione, comunicazione, memoria di un
tempo diverso dal nostro, ma che con il nostro si intreccia ogni giorno.
Alle donne, forse, è concesso di conciliare l’inconciliabile: il
viaggio e la permanenza, il desiderio del distacco e la staticità della
tradizione.
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